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Analisi mercati... e prospettive - 6 dicembre 2019

I MERCATI NELL’ULTIMO MESE

Dopo un novembre nel quale l’indice delle borse mondiali si è riportato in prossimità dei massimi storici e lo S&P500 ha ripetutamente registrato nuovi record, peraltro con volatilità molto bassa, il mese di dicembre si è aperto con una leggera correzione. A supportare i rialzi dei mercati, in particolare delle asset class più cicliche, erano stati sin dalla fine dell’estate i segnali di stabilizzazione del ciclo economico globale e l’ottimismo circa il raggiungimento della cosiddetta “Fase 1” dell’accordo commerciale tra USA e Cina, parzialmente rimesso in discussione negli ultimi giorni. Gli investimenti di natura più difensiva, invece, erano stati relativamente penalizzati, come le obbligazioni governative, che hanno visto un contenuto aumento e poi una stabilizzazione dei rendimenti. Il credito high yield ha mantenuto nel complesso un buon andamento, anche se gli investitori stanno mostrando una maggiore selettività, privilegiando i segmenti meno speculativi del mercato.


QUADRO MACRO, RISCHI GEOPOLITICI E POLITICHE ECONOMICHE

Mentre nella prima parte dell’anno il principale propellente dei rialzi dei mercati era stata l’introduzione di un approccio monetario più accomodante, da cui il recupero dell’azionario accompagnato da una contestuale discesa dei rendimenti, da settembre in poi l’ottimismo è proseguito soprattutto sulla base delle attese di una ri-accelerazione ciclica. Gli indicatori anticipatori del ciclo economico globale sono attualmente coerenti con l’ipotesi che la fase più acuta della flessione, verificatasi negli ultimi mesi, sia ormai alle spalle: i PMI manifatturieri rimangono, sì, su livelli compressi (ancora in territorio di contrazione quelli europei), ma il trend è virato al rialzo già da alcuni mesi, mentre il settore dei servizi è stato solo parzialmente contagiato dalla debolezza di quello industriale, mantenendosi in territorio espansivo, così come i consumi.


Nonostante la decelerazione in atto già dal 2018, che ha portato gli economisti a rivedere costantemente al ribasso le previsioni di crescita negli ultimi mesi, nel complesso l’economia mondiale ha manifestato quindi resilienza. Negli Stati Uniti, riassorbito l’impulso fiscale del 2018, il ritmo di espansione del PIL si sta gradualmente riallineando al potenziale di crescita (1,5-2%), ma rimane sostenuto dalla forza dei consumi domestici e dall’allentamento delle condizioni finanziarie.

L’Eurozona ha rallentato in maniera più marcata, anche per via delle diverse caratteristiche strutturali dell’economia, ma la crescita è rimasta positiva, perfino in Germania, una delle economie più penalizzate dalla decelerazione globale e dove era attesa una recessione tecnica nel terzo trimestre, che non si è invece verificata. Le attese di stabilizzazione e possibile ri-accelerazione del ciclo economico poggiano indubbiamente anche sull’ipotesi che le tensioni geopolitiche, in primis tra Stati Uniti e Cina, continueranno ad affievolirsi. Negli ultimi giorni, il varo di una legge USA a tutela della democrazia di Honk Kong, le richieste dalla Cina di rimuovere anche i dazi già introdotti (oltre che di cancellare quelli in programma a dicembre) e i toni meno concilianti da entrambe le parti, hanno ricordato ai mercati che la soluzione al momento è tutt’altro che scontata. In base alle ultime dichiarazioni, tuttavia, i negoziati stanno proseguendo e sembra probabile il raggiungimento della “Fase 1” dell’accordo entro fine anno. Certamente non mancano le ragioni di reciproca convenienza economica, specie alle soglie di un anno elettorale in cui Trump dovrà necessariamente cercare di guadagnare consensi. Peraltro, la corsa per le Presidenziali, fin già dalle primarie per eleggere il candidato democratico, sarà essa stessa uno dei temi più discussi nei prossimi mesi, con potenziali ripercussioni sulla volatilità dei mercati. Nel frattempo, gli investitori possono continuare a contare sul supporto monetario delle Banche Centrali, che, come detto, sin da inizio anno ha giocato un ruolo decisivo nel sostenere l’economia e i mercati. Nessuna nuova manovra in vista nel breve, ma l’orientamento dovrebbe rimanere ampiamente espansivo, complice un’inflazione che rimane globalmente contenuta. Parlando dell’economia americana, Powell ha recentemente affermato che il “bicchiere è ben più che mezzo pieno” e che i tassi rimarranno stabili fintanto che i dati continueranno a rispecchiare mediamente le attese del FOMC; in base alle previsioni implicite del mercato, la prossima mossa dovrebbe essere un taglio, ma non prima della seconda metà del 2020.


Inoltre la Fed ha ripreso ad acquistare titoli di Stato sul mercato (c.d. “QE organico”). In Eurozona, Christine Lagarde ha ribadito l’intenzione della BCE di continuare a supportare l’economia europea, ma ha anche riaffermato la necessità di adottare un mix di politiche monetarie e fiscali più equilibrato. Le attuali condizioni economiche sono favorevoli all’utilizzo della leva fiscale da parte dei Governi che hanno il margine per farlo: la crescita nominale è infatti mediamente più elevata rispetto ai tassi d’interesse, il che facilita il finanziamento del debito, specie per le economie con bilanci pubblici solidi, come la Germania. In base alle misure attualmente previste, tuttavia, lo stimolo fiscale nell’Eurozona avrà ancora dimensioni modeste.


CONSIDERAZIONI SULLO SCENARIO FUTURO

Le prospettive economiche per il 2020 possono considerarsi, nel complesso, moderatamente ottimiste: una graduale stabilizzazione ed un recupero del ciclo economico globale sono infatti possibili, stante un effettivo calo dell’incertezza geopolitica e il mantenimento di politiche monetarie accomodanti da parte delle Banche Centrali. Tuttavia, l’entità di tale ri-accelerezione dovrebbe risultare piuttosto modesta, in quanto lo scenario continua ad essere gravato da diverse incognite geopolitiche, lo stimolo monetario è stato già in gran parte utilizzato e quello fiscale difficilmente assumerà proporzioni importanti nel breve. Inoltre, le valutazioni dei mercati azionari sono già salite molto, contribuendo per la maggior parte ai rialzi di quest’anno, e sembrano già scontare un certo miglioramento del quadro economico-politico. Nei prossimi trimestri, sarà quindi importante osservare un effettivo recupero nei fondamentali societari, in particolare nella crescita degli utili, come gli analisti attualmente si attendono, al fine di sostenere il sentiment di mercato. Distogliendo l’attenzione dal breve termine, tuttavia, a ben vedere le valutazioni dei mercati azionari non si discostano significativamente dalla media storica, perlomeno a livello mondiale aggregato. Il mercato statunitense è certamente tra i più “cari”, ma questo premio è anche giustificato della straordinaria capacità di produrre utili e dalla leadership in ambito di innovazione, che le società di quel mercato hanno dimostrato negli ultimi anni.


In ottica relativa, inoltre, considerando il contesto di mercato di riferimento, fatto di tassi d’interesse estremamente e stabilmente bassi e di una sostanziale carenza di rendimenti a basso rischio, preferire le classi di attività finanziarie più legate ai trend strutturali di crescita continua ad apparire la strategia più opportuna per orientare gli investimenti di medio-lungo periodo.

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