top of page

Analisi mercati... e prospettive - febbraio 2021

Aggiornamento: 1 feb 2021

LA PARTENZA DEI MERCATI

L’avvio del 2021 è stato complessivamente positivo per i mercati finanziari, che hanno continuato a concentrarsi sulle attese per una prossima ripresa ciclica, più che sulle criticità attuali. La prospettiva di maggiori stimoli fiscali negli Stati Uniti sotto un Congresso unito a maggioranza Democratica ha inciso notevolmente in tal senso, ma al contempo ha contribuito a far salire il rendimento decennale statunitense di oltre 20 punti base nell’arco di una sola settimana, portandolo sopra l’1% per la prima volta da marzo (1,1% al 14 gennaio). Ciò ha penalizzato l’universo obbligazionario governativo e investment grade, mentre il comparto high yield ha reagito meglio, in scia ai rialzi nell’azionario. A proposito dei mercati azionari, non stupisce che, in un tale contesto, sia proseguita la rotazione a favore dei titoli ciclici e value, tra cui i finanziari e i gli energetici, questi ultimi supportati anche dal taglio addizionale alla produzione di petrolio per i prossimi due mesi annunciato a sorpresa dall’Arabia Saudita la scorsa settimana. Relativamente più penalizzati i colossi tecnologici e i titoli growth in genere, complici due fattori. Il primo è il citato aumento dei rendimenti a lungo termine USA: i titoli a più alta crescita attesa risentono infatti maggiormente di un rialzo dei tassi utilizzati per scontare gli utili futuri. Il secondo è legato al fatto che il risultato delle elezioni in Georgia ha in parte risollevato i timori circa un possibile aumento delle tasse corporate: in realtà, poiché la maggioranza al Senato è molto risicata, l’implementazione dei provvedimenti democratici più estremisti appare per ora poco probabile.




Dal punto di vista valutario, infine, il balzo dei rendimenti USA ha ridato un po’ di vigore al dollaro, senza però intaccare significativamente il trend di indebolimento di medio termine in atto dallo scorso aprile. Il 2021 si è aperto anche con altri due eventi, cui il mercato ha dato relativamente poco peso, ma che non si può escludere possano avere qualche ripercussione nelle prossime settimane. Il primo è l’assalto al Congresso USA del 6 gennaio, che si è risolto nel giro di poche ore e ha dato avvio alla (seconda) procedura di impeachment di Trump. Il secondo è il riacutizzarsi della crisi politica italiana. L’eventualità di elezioni anticipate (cui i mercati stanno finora attribuendo una probabilità molto bassa) potrebbe creare qualche problema, non tanto in sé o per un eventuale cambio di colore della maggioranza, quanto per i ritardi che potrebbe causare nella definizione del Recovery Plan, che è necessario sottoporre all’Europa entro aprile.


IL CONTRASTO PROSEGUE

A dispetto degli auguri di maggiore normalità che ci siamo spesso scambiati a cavallo tra 2020 e 2021, nessuno si aspettava davvero che il 1° gennaio rappresentasse fin da subito una rottura con il passato e, difatti, il nuovo anno si è aperto all’insegna della stessa dicotomia tra difficoltà attuali e speranze per il futuro che aveva caratterizzato anche i mesi precedenti. Se possibile, l’allerta pandemica è addirittura salita nelle ultime settimane, complice la diffusione di una nuova variante, individuata inizialmente nel Regno Unito, che in base agli studi più accreditati sembra presentare una trasmissibilità maggiore di circa il 50-70% rispetto a quella originale. I principali Paesi europei stanno di conseguenza prolungando o inasprendo le misure restrittive, con chiaro impatto sull’economia. Nella prima settimana dell’anno si è osservato un parziale recupero della mobilità delle persone, dopo il drastico calo registrato durante le feste, ma i livelli pre-covid rimangono lontani.



In generale, sono soprattutto i consumi e i servizi a risentire delle svariate limitazioni imposte dai Governi, come testimoniato dal calo delle vendite al dettaglio nell’Eurozona (-6,1% mese su mese a novembre) e dal fatto che l’indice di fiducia delle imprese di servizi rimane in territorio di contrazione (46,4 il PMI Servizi di dicembre, sotto la soglia di espansione di 50). Il lato positivo, d’altronde, è che il settore industriale, non direttamente impattato, sta invece dimostrando un’elevata resilienza: gli ordini industriali tedeschi sono saliti più delle attese a novembre (+2,3%) e la fiducia delle imprese manifatturiere dell’area euro ha registrato un incremento a dicembre (55,2 il PMI Manifatturiero).


Un andamento analogo si percepisce anche nell’economia USA, sebbene in misura più contenuta: a novembre le vendite al dettaglio sono calate dell’1,1% e la variazione dei posti di lavoro è stata negativa per la prima volta da aprile (-140 mila). Tuttavia, i livelli di fiducia delle imprese appaiono molto buoni in tutti i settori e nel mese di dicembre sono perfino saliti: molto probabilmente ciò rispecchia le attese di recupero economico grazie non solo alla diffusione dei vaccini, ma anche ad ingenti stimoli fiscali aggiuntivi. Oltre ai 900 miliardi di dollari approvati a fine dicembre, la conquista della maggioranza da parte dei Democratici al Senato, a seguito dei due ballottaggi del 5 gennaio in Georgia, lascia infatti anticipare l’approvazione di ulteriori manovre espansive.


Nel frattempo, le campagne vaccinali sono iniziate in diversi Paesi e, ad oggi, sono state già somministrate oltre 30 milioni di dosi in tutto il mondo, con Israele, Emirati Arabi, Bahrain, Regno Unito e Stati Uniti in testa per inoculazioni in rapporto alla popolazione. Nonostante la partenza in certi casi più lenta del previsto, il ritmo sta accelerando man mano che più candidati ottengono l’approvazione da parte delle Agenzie competenti, che la produzione aumenta e che i processi di distribuzione diventano più efficienti.



I VACCINI DETTANO I TEMPI DEL GRANDE RIMBALZO


Il proseguimento della pandemia e il mantenimento di misure restrittive da parte dei Governi continueranno a delineare uno scenario di debolezza economica nel primo trimestre dell’anno, o almeno fino a quando le vaccinazioni non raggiungeranno una diffusione tale da consentire un significativo allentamento delle limitazioni attualmente in essere. Negli Stati Uniti, l’impatto economico dovrebbe essere attenuato dal nuovo piano di stimoli fiscali recentemente approvato, mentre in Europa la caduta del PIL risulterà più marcata, ma comunque notevolmente inferiore rispetto alla prima ondata. La rapidità di somministrazione dei vaccini sarà quindi una variabile chiave per lo scenario dei prossimi mesi e rimane al momento parzialmente incerta, ma in base alle stime di Goldman Sachs, il 50% della popolazione nella maggior parte delle economie avanzate dovrebbe essere vaccinato indicativamente entro il secondo trimestre. Al di là delle precise tempistiche, il 2021 sarà l’anno del gran rimbalzo dell’economia reale globale, trainato principalmente dal recupero della domanda nei settori finora più penalizzati, in primis i servizi legati al turismo, alla ristorazione, al tempo libero, ecc... È ragionevole infatti ritenere che la voglia di tornare a viaggiare, frequentare i ristoranti, assistere a spettacoli dal vivo e fare tutto ciò a cui si è dovuto rinunciare per molti mesi sarà estremamente forte. Inoltre, come già sottolineato in passato, questa ipotesi è avvalorata anche dagli elevati stock di risparmio accumulati dalle famiglie in questi ultimi mesi, grazie ai trasferimenti fiscali dei Governi e al contestuale calo di spesa. A noi piace pensare che il vero punto di svolta saranno le Olimpiadi che si terranno a Tokyo tra il 23 luglio e l’8 agosto prossimi: se si potrà celebrarle degnamente come sempre avvenuto in passato, esse, simbolicamente, potrebbero suggellare la fine definitiva dell’incubo covid-19 nell’immaginario collettivo mondiale. E spesso, sui mercati, i simboli hanno un certo effetto. A livello globale, le stime della Banca Mondiale indicano una crescita del 4% nel 2021 (dopo un calo del 4,3% nel 2020), con recuperi generalizzati, sebbene di entità differente tra Paesi e aree geografiche. Il divario tra Oriente e Occidente, ampliatosi negli ultimi mesi grazie anche alla migliore gestione della pandemia nei Paesi asiatici, rimarrà un tema centrale anche nel prossimo futuro: la crescita cinese dovrebbe infatti attestarsi intorno all’8% nel 2021. Emblematico, inoltre, è il fatto che la stima sul momento in cui la Cina supererà gli Stati Uniti diventando la prima economia mondiale (per dimensione espressa in dollari) sia stata anticipata di 5 anni a seguito degli eventi dell’ultimo anno, dal 2033 al 20281 .


Ma i cambiamenti introdotti dalla pandemia non finiscono qui. Se il calo della domanda globale può in larga parte considerarsi temporaneo e sarà quindi - più o meno rapidamente - recuperato, alcune delle tendenze che hanno preso avvio o fortemente accelerato negli ultimi mesi continueranno invece ad accompagnarci. L’adozione del digitale in tutti i settori, il boom degli acquisti online, il lavoro da remoto e l’attenzione per i temi ambientali e sociali, sono solo alcuni dei fenomeni che delineeranno uno scenario post-pandemico parzialmente diverso dal precedente, o, come si suole dire, una “nuova normalità”. Anche se è ancora presto per trarre delle conclusioni, alcuni di questi trend, se ben sfruttati e incanalati, hanno inoltre la potenzialità di incrementare i livelli di produttività rispetto agli anni passati.


POLITICHE ECONOMICHE ANCORA FAVOREVOLI COSA POSSIAMO ASPETTARCI DAI MERCATI?

Dal punto di vista delle politiche economiche, il 2021 dovrebbe ancora caratterizzarsi per un contesto ampiamente favorevole: con un’economia globale ancora esitante e debiti pubblici in aumento, le Banche Centrali si guarderanno bene dal rimuovere prematuramente i supporti. È probabile - considerato l’atteso rimbalzo economico - che l’inflazione evidenzi un parziale recupero rispetto agli attuali livelli estremamente compressi o addirittura negativi, come nel caso dell’Eurozona. Ma saranno necessarie conferme ben più chiare circa il ritorno dell’economia su un sostenuto sentiero di crescita prima che si inizi a pensare ad un cambio di orientamento, per non parlare di un rialzo dei tassi, che si ritiene rimarrà fuori discussione per i prossimi 2-3 anni.


Questo contesto favorisce al contempo il mantenimento di approcci accomodanti anche in ambito fiscale, dove la crisi pandemica sembra aver scardinato definitivamente la mentalità dell’austerità in vigore negli anni successivi alla Grande Crisi Finanziaria. In Europa, il Next Generation EU è stato una svolta epocale, e nei prossimi mesi diventerà realtà: la capacità dei Paesi europei di sfruttare adeguatamente questa opportunità sarà messa alla prova. Negli USA, il neo Presidente, che debutterà il 20 gennaio, non ha perso tempo, promettendo “migliaia di miliardi di dollari” di nuovi aiuti all’economia, che saranno declinati soprattutto sottoforma di sostegno al reddito per le famiglie e i disoccupati, nonché supporto alle piccole e medie imprese e a quelle generalmente più colpite dalla crisi (come le linee aeree). Ci saranno anche stanziamenti a Stati ed enti locali, anche finalizzati ad un’accelerazione delle vaccinazioni. Ma Biden sarà anche l’uomo che riporterà nell’alveo della tradizione i rapporti con la Cina - anche se le tensioni non svaniranno - e quelli transatlantici, con tutto quello che ciò implicherà in termini di interscambio e benefici per le industrie europee. Infine, ricondurrà gli USA in seno agli Accordi di Parigi sul clima, incentivando ulteriormente l’attenzione a livello globale sulla svolta climatica.


COSA POSSIAMO ASPETTARCI DAI MERCATI?

Nel breve, visto che già si sono ampiamente mossi in anticipazione del recupero futuro, il protrarsi delle incognite sullo scenario sanitario ed economico, qualche possibile tensione politica e l’aumento dei rendimenti USA potrebbero causare episodi di temporanea volatilità sui mercati. Al di là dei fisiologici scossoni, tuttavia, il fatto di trovarsi nella fase iniziale di un nuovo ciclo e la prospettiva di politiche economiche accomodanti a lungo rimangono i temi principali per orientare le scelte d’investimento a livello strategico, favorendo principalmente gli asset legati alla ripresa ciclica e alla crescita di lungo periodo. Tra le asset class, l’obbligazionario governativo, oltre a non offrire valore sulla carta (i rendimenti reali sono negativi per tutti i principali Paesi avanzati), è esposto al rischio di una moderata lievitazione dei rendimenti, dato l’atteso rimbalzo economico e l’espansione fiscale in corso, come stiamo già in parte assistendo negli USA. I bond high yield, pur con uno spread molto meno ricco rispetto a qualche mese fa, possono ancora trarre beneficio dal miglioramento del quadro macro e dei fondamentali societari, oltre a beneficiare del supporto delle Banche Centrali.


La ricerca di rendimento gioca a favore anche dei mercati emergenti, che possono trarre potenzialmente vantaggio, inoltre, da minori tensioni geopolitiche e dalla debolezza del dollaro. Infine, in un contesto di alternative oggettivamente molto scarse, il mercato azionario continua a rappresentare l’investimento più appetibile dal punto di vista dei ritorni attesi nel medio-lungo termine, considerato il rimbalzo atteso nella crescita degli utili e l’abbondanza di liquidità in circolazione: anche un’eventuale ascesa dei rendimenti, se modesta e legata ad un contesto di maggior crescita, dovrebbe essere nel complesso ben tollerata.



Comments


Post: Blog2_Post
bottom of page